Morta Letizia Battaglia, la fotografa testimone della lotta alla mafia


È morta Letizia Battaglia, la fotografa di Palermo aveva 87 anni. Il cordoglio degli sindaco Leoluca Orlando

Diceva di essere stanca, ma fino all’ultimo ha fotografato. Cose, strade, giovani donne. Alle quali diceva: «Combattete, combattete per qualche cosa». Letizia Battaglia è mancata a 87 anni, fiaccata forse nel fisico ma lo spirito era rimasto quello della cacciatrice di istanti. La bambina con il pallone, il corpo senza vita di Piersanti Mattarella, le storie di strada di una Sicilia mai prestata alla retorica, mai una sbavatura dall’asciuttezza della cronaca. Nata a Palermo nel 1935 Letizia Battaglia ha cominciato presto a lavorare al giornale L’Ora, unica donna tra tanti uomini. Racconterà: «Mi sono sempre sentita soltanto una persona che fotografa». Aveva capito che gli anni durissimi della sua Sicilia andavano raccontati, metaforicamente, in bianco e nero, la stessa lezione di Ferdinando Scianna. Che poi era quella di Leonardo Sciascia: partire dall’ombra per cercare la chiarezza e dunque le risposte ai tanti misteri. E Letizia Battaglia ha cercato proprio questo, risposte ai misteri di mafia, chiarezza nella condizione delle donne, a volte durissime in certi posti.

Si sposò giovanissima, si separò nello scandalo. Tre figlie, una delle quali, Shobba, ha seguito le sue orme. Tante le donne che ha fotografato e quando le chiedevano perché lei rispondeva che «le donne sanno essere consapevoli». Dunque, cercava la compiutezza nei soggetti: la bambina dei quartieri poveri e la signora che riceve in salotto hanno il medesimo sguardo pieno, rotondo, risolto. Battaglia ha lavorato tanto, conscia del suo ruolo di apripista per tante altre reporter. Ha vinto molti premi, come il Premio Eugene Smith a New York nel 1985 (prima donna europea, ex aequo con l’americana Donna Ferrato). Ha esposto in Italia, Francia, America, Canada. Inevitabile l’impegno politico: dalla co-fondazione del Centro di Documentazione Giuseppe Impastato fino all’incarico di consigliera comunale dei Verdi.


Il sindaco Leoluca Orlando la ricorda così: «Palermo perde una donna straordinaria, un punto di riferimento, un simbolo internazionalmente riconosciuto nel mondo dell’arte e una bandiera nel cammino di liberazione di Palermo dal governo della mafia». Ma il suo impegno politico è stato anche l’aver fondato riviste come Mezzocielo, realizzata da donne. O l’aver diretto il Centro Internazionale di Fotografia alla Zisa, sempre nella sua Palermo, città che proverà a lasciare per un po’, trasferendosi a Milano e Parigi, ma poi tornando, come un destino. Negli anni 80 aveva fondato il laboratorio d’If che formò tanti reporter palermitani.


Inaugurando una sua retrospettiva a Venezia, quattro anni fa, lodò Greta Thunberg e tutti i giovani che «credono in un mondo più rispettoso delle persone e della vita». E forse con queste parole ha spiegato perché le sue fotografie sono belle pur non ricercando mai, lei, «la bella immagine». Anche quando ritraggono tragedie o situazioni difficili: dietro c’è la vita, c’è una specie di respiro che non si spegne. «Fotografare alcune persone — disse allora — era anche restituire loro una dignità». E vengono in mente le immagini di Mattarella ma anche Felicia Bartolotta Impastato, che siede su un divano con, alle spalle, il ritratto del figlio ucciso dalla mafia. Letizia Battaglia ha lavorato tanto, ma la si ricorda anche per altro. I libri (come Mi prendo il mondo ovunque sia. Una vita da fotografa tra impegno civile e bellezza, con Sabrina Pisu, del 2020), le conferenze, le apparizioni in tanti documentari, le iniziative di impegno civile. Forse perché aveva ben chiara una cosa, come disse una volta all’Ansa: «La fotografia è una parte di me ma non è la parte assoluta». Ha conservato così la freschezza di chi sa cogliere una casualità, un’occasione, il raggio violetto negli occhi di una bambina della Cala.

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