Pandemia ed emergenza lavoro



Oltre al bollettino quotidiano sui contagiati è importante non perdere di vista il bollettino Istat. Il 2 Dicembre scorso è stata pubblicata la nota Istat relativa al mese di Ottobre 2020 sull'occupazione. 

É importante capire come si chiuderà il corrente anno.

Le misure di contenimento della pandemia e la crisi economica conseguente tra marzo e giugno 2020 hanno fatto sì che, anche nel mese di ottobre 2020, l’occupazione continui ad essere più bassa di quella registrata nello stesso mese del 2019 (-2%, pari a -473mila unità). La diminuzione coinvolge uomini e donne di qualsiasi età, dipendenti (-319mila) e autonomi (-154mila), con l’unica eccezione degli occupati over50, che crescono di 45mila unità per effetto della componente demografica. Il tasso di occupazione in Italia risulta pari al 58% contro una media europea del 73%.

Nell’arco dei dodici mesi, aumentano sia le persone in cerca di lavoro (+1,7%, pari a +43mila unità), sia gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+1,9%, pari a +257mila).

Il tasso di disoccupazione è stabile al 9,8%, soprattutto per le norme di garanzia come il blocco dei licenziamenti e la proroga della cassa integrazione Covid, mentre tra i giovani sale al 30,3% (+0,6 punti). La crisi economica da Covid-19 colpisce soprattutto i giovani e le donne, perché tra loro ci sono più lavoratori impiegati nel terziario tradizionale (commercio, turismo, bar e ristorazione), che viene compromesso ogni qual volta vengono introdotte misure di distanziamento fisico. 

E ancora dobbiamo affrontare gli effetti derivanti dalla fine del blocco dei licenziamenti e delle proroghe della cassa integrazione Covid. 

Come affronteremo quella che si può definire una pandemia del mercato del lavoro? Con un’offerta poco qualificata ed una domanda debole, che comunque si sta trasformando grazie alla rivoluzione digitale, quanti lavoratori lasceremo per strada? La domanda diventa più grave se pensiamo alla qualità dei nostri centri per l’impiego o alla nostra capacità di utilizzare i fondi UE.

Certamente in questi anni abbiamo imparato tante cose:

che dobbiamo stare attenti ai disoccupati di lungo periodo, agli inattivi e ai neet, come bacini estremamente fragili; che non bastano le politiche passive e assistenziali ma che servono le politiche attive; che i servizi per il lavoro non possono essere erogati dai centri per l’impiego, data la storica inefficienza; che occorre coinvolgere tutti gli operatori pubblici e privati, per assicurare la presa in carico delle persone in cerca di lavoro; che maggiore è il livello di istruzione, maggiori sono i tassi di occupazione; che nei prossimi anni saranno importanti le competenze digitali e le cd “soft skills”.

Abbiamo un’emergenza lavoro, ancora non chiara perché nascosta dalle norme di sostegno, dalle casse integrazioni, dai bonus alle imprese. 

Abbiamo un’emergenza formativa, che riguarda sia la formazione iniziale sia quella degli adulti, e che rende ancora più fragile il nostro capitale umano e ancora più esposto ai cambiamenti e alle transizioni tecnologiche, economiche e geopolitiche.

Dopo la vaccinazione, urge allora attuare un investimento per la formazione di massa, soprattutto verso i soggetti più fragili. 

É  con l'eterogeneità dei livelli di formazione che si realizzano le prime diseguaglianze, che si accentueranno man mano durante le vite lavorative se non accompagnate da percorsi di formazione continua.

Non c’è ancora una adeguata consapevolezza sull’emergenza competenze. In Italia registriamo un gap di competenze già per i lavori tradizionali ma ancora più grave è il gap sulle nuove competenze.

Probabilmente il Fondo nuove competenze non serve per i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro, ma soprattutto per i giovani, quei pochi giovani che la demografia negativa italiana renderà sempre più rari.


Alessandro Verbaro

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