Storia di una capinera di Giovanni Verga

 


"Come tutto era lieto e mi sorrideva, il cielo splendente di un azzurro purissimo, il sole che indorava la neve di cui l'Etna era tutto coperto, il mare ceruleo, i campanili di quei villaggi che biancheggiavano fra gli alberi, quei campi in cui il verde dell'erba  contrastava col bianco della neve, quel bosco che taceva perchè non c'era vento e non aveva più foglie da lasciar cadere."

Maria è un'anima pura, è il narratore della "Storia di una capinera", struggente romanzo  di Giovanni Verga, è lei, la giovane novizia che, con le lettere inviate all'amica Marianna, ci narra la sua storia, attraverso le sue emozioni e le sue pene, la sua breve esistenza, popolata di tristi ombre e sprazzi di luce. 

E' il suo un drammatico, disperato monologo, è il pigolìo d'una capinera ingabbiata che canta il supplizio di un'anima vinta, schiacciata dalla vita, da un fato spietato.

Maria, orfana di madre fin da bambina, è una diciannovenne costretta a pronunziare i voti e a farsi monaca senza vocazione. 

Per sfuggire al colera che nel 1854 ingoiava il paese, la giovane fa ritorno per un periodo presso la casa paterna, nelle campagne del catanese, a Monte Ilice.

Lontana dalle ombrose mura della clausura, la ragazza scopre la vita del di fuori, a lei, finora, ignota, dal di dentro della sua forzosa prigione. 

Maria è stupefatta e attratta dalla magnetica bellezza del creato, dal calore familiare, dalla passione amorosa che in lei sorge e matura per Nino, il giovane figlio dei suoi vicini, passione che non giungerà mai a compimento, ma che le suscita un turbinio emotivo, un risveglio affettivo, che le inquietano irrimediabilmente il cuore.

E' l'amore, che bussa e fa vibrare le corde dell'anima senza sentir ragioni, che incatena al pari delle ferrose e glaciali grate del suo convento.

 Ove il sole filtra grigliato e non permette alla pulsione amorosa d'espandersi.

 Ove l'amore è spiritualità, trascendenza, preghiera, devozione totale a Lui, il solo sposo promesso alla giovane novizia.

Storia di una capinera è il racconto dei moti dell'anima e dei sentimenti della protagonista con il peccato e il desiderio, due antitecici brucianti antagonisti ma complici.

Le titubanze, le angosce di Maria sono quelle d'una ventenne che s'accosta all'amore. Ma lei sceglie di reprimere la pulsione di carne e anima, s'ostina a rifuggirlo, quell'amore appena scoperto, per non lasciarsi andare alla cedevolezza del peccato, perchè lei "nacque monaca".

E' così che s'arrende all'esistenza, s'arrende alla gioia, al tentativo di cambiare il corso delle cose.

E' lei l'antesignana dei vinti verghiani, che non riescono a viver al mondo e da esso ne sono risucchiati. E' lei, la prima vinta. Che sceglie di percorrere passi non suoi, di far ritorno, pur senza bramarlo, ai piedi di quel crocifisso, nella sua cella, ove trova la quiete ai sensi ma ove non alberga la quiete del suo animo, ormai consumato dallo strazio d'un destino a lei, da sè stessa, negato. 

Lei ha acconsentito a morire, ha voluto morire, col velo, la corona, i fiori, sposa di Cristo. Per l'eternità. 

Il peccato, il desiderio, la follia. Lacerante germe ossessivo s'incastona nella storia, una tematica crudele, la pazzia, da cui Maria pare lentamente divorata, col sudor gelido di amaro sentore di dover occupare presto quel posto indesiderato, la cella riservata in convento alla suora pazza, che, al chiostro, non può mai restare inoccupato.

Suor Maria pare predestinata, è  sopraffatta, rassegnata. 

Eppure  le sarebbe bastato "un angolo di terra, uno spicchio di cielo" per godere di tutte le felicità del mondo, se non avesse assaporato il sapore della libertà dolce e aspro, ambrato miele e fiele.

Ormai il carico si è fatto troppo pesante da portare per lei, minuta e gracile capinera in gabbia, non ha più scampo, la povera prigioniera.

Il cinguettìo della piccola capinera si fa sempre più flebile, i petali di rosa sfioriscono, scolorano, sprofumano.

Il tempo è giunto. E' soffocato lo slancio vitale, è perduta la vita e con essa l'ultma fiammella di speranza si spegne, per assenza d'amore e di libertà.

In quell'immenso sepolcreto, che "s'anima soltanto allorchè si spalanca per un'altra vittima", tutto tace, l'infelice capinera è volata via per sempre.

Eva Di Betta 





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