Siciliane Contro di Elio Camilleri


Sono frammenti infuocati, uno dopo l’altro, che si susseguono nel prezioso volume del professore Elio Camilleri, Siciliane contro, per restituire alla memoria e al tempo i volti e le anime di donne coraggiose e audaci.

Sono figure femminili decise, forti, tratteggiate dalla penna dell’autore come faville di luce accese ad illuminare le loro storie.

Sono graffi decisi, rigature dell’anima, i sacrifici di tali donne che sono scivolate in un muto dimenticatoio, talora sconosciute ai più e rese al lettore nella prorompenza del loro agire orientato alla lealtà, al giusto, al rispetto delle regole.

Sono storie di lotta di classe, di lotta politica, ma anche economica e sociale della Sicilia e di tutto il sud.

Sono le nostre donne della resistenza, le donne della resistenza italiana, che con le loro sentite istanze di libertà e giustizia sociale si scontrarono con gli scudi politici e gli equilibri sociali del loro tempo, come Graziella Giuffrida e Salvatrice Benincasa.

Donne che hanno dovuto sovrastare l'offesa con cui venivano marchiate dalla chiesa, e additate come atee, sgualdrine e donne di malaffare, colpevoli di animare la lotta contro i gabelloti al tempo dei Fasci,  ove non si accettava di buon grado che le donne si ritrovassero in chiesa a pregare contro la guerra. 

Per le donne dei fasci era Gesù il vero socialista, non certo i preti, che ormai stavano dalla parte dei ricchi, dei prepotenti, dei potenti.

Dall'ottocento ai più vicini periodi storici il gioiello cartaceo del professore Camilleri  si presenta come una carrellata intensa e rapida, emotivamente avvincente e avvolgente, con cui vengono tratteggiate plurime e poliedriche figure femminili  siciliane accomunate da un battito d'esistenza assonante e immanente al mondo e ai giorni di vita da loro vissuta.

Sono le donne che si trovavano a New York nel rogo in quella fabbrica maledetta di camicette bianche, in quel fuoco micidiale e vorticoso che risucchiò tante vite, il cui sangue servì per animare la lotta sindacale per la conquista di condizioni lavorative più dignitose, più umane. 

Schegge di memoria storica che danno  voce corale al sentire femminile coraggioso, dolce e forte a un tempo.

Femmine impegnate a lottare duplicemente, in prima linea, tra resistenza, fascismo, criminalità, sentimento antiborbonico a fianco dei garibaldini. 

Contro l'oppressione maschile e l'oppressione del nemico.


Doppiamente in antitesi contro le ingiustizie, contro le crudeltà di un'epoca sinistra e opaca, contro quel sistema grigio  negatorio della parità tra i generi, tutt'oggi spirito aleggiante dei nostri tempi. Nonostante l'evoluzione culturale e normativa, nonostante l'incalzare dei secoli, quella crosta  ancora nutre silente gli animi stolti e incolti. 

E ancora Camilleri irradia il viso di donne vittime di mafia e ribelli di Cosa Nostra, le irriducibili e le pentite, le portabandiera dell'antimafia, guerriere armate contro il sistema mafioso, come Michela Buscemi, che coraggiosamente denunciò gli assassini dei suoi fratelli in aula bunker, al maxiprocesso di Palermo, Felicia Impastato, Pina Grassi.

Donne già vittime allora del germe doloroso del femminicidio, come Lia Pipitone, colpevole di desiderare una vita libera, spesierata e gioiosa, barbaramente giustiziata per volere paterno, morta d'una morte amaramente impunita.

L'epilogo veste le sembianze di Maria Sagona, moglie e madre trafitta dal dolore per la duplice morte del marito per mano mafiosa, il giornalisa Mario Francese,  e del figlio Giuseppe, morto suicida stroncato dalla società civile che fece calare una immotivata e triste ombra di silenzio sul suo companto padre, sulla sua memoria. 

Donne totalmente diverse tra loro, ma vicine e avvinte  in un' armoniosa catena che le rende eterne, ugualmente combattenti, contro la miseria materiale e spirituale, per una vita migliore, per il sacrosanto diritto all'uguaglianza, per una piena battente libertà.

Eva Di Betta 

Commenti

  1. Complimenti di cuore, carissima Eva, per le tue parole vibranti di passione, di libertà, di giustizia!

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