Le ‘Cinque donne e un arancino’ raccontate da Catena Fiorello Galeano
“Cinque donne e un Arancino”…con la O. Catena Fiorello Galeano (sì, stavolta c’è pure il cognome di mamma Sara, in bella evidenza, in copertina) ha scelto il maschile del principe della gastronomia siciliana quasi in contrasto alla dominanza di quote rosa nel suo ultimo romanzo, le cinque donne protagoniste e co-protagoniste: “Per me è naturale pronunciare arancino al maschile, provengo dalla Sicilia orientale, quindi l’ho sempre chiamato così” –precisa la scrittrice- “Aggiungo tuttavia che la discussione potrebbe anche non esistere perché persino l’Accademia della Crusca ha stabilito che possiamo chiamarlo sia al maschile che al femminile e… comunque è proprio buono in ambedue i casi. E poi, sempre in merito alla querelle, come dice Rosa, vera protagonista del romanzo, beh… quelli che lo chiamano arancina è perché l’arancia è femmina, ma l’albero è appunto maschio..!”.
Dall’altro lato troviamo una cinquina di donne?
“Avevo bisogno di cinque persone per completare una varietà di caratteri che mi serviva per narrare la storia. Peraltro, nella simbologia dei numeri, il 5 rappresenta la molteplicità, il cambiamento, l’esplorazione anche a livello fisico e mentale. Ho desiderato, del resto, che il libro venisse pubblicato proprio in questo periodo perché il contenuto vuol trasmettere un messaggio di speranza e ci fa capire che nella vita non è mai troppo tardi per ricominciare. Le difficoltà economiche, la perdita del lavoro, sono situazioni difficili ma che talvolta possono essere superate semplicemente rimboccandosi le maniche e ricreando qualcosa di nuovo”.
Rosa, la protagonista del libro, sceglie di ritornare in Sicilia dopo una dolorosa vicenda familiare: a proposito pure di ‘Picciridda’ ancora una volta rievochi nel tuo romanzo un ritorno alle origini…
“Nel romanzo ‘Picciridd’a ho parlato dell’emigrazione, di una coppia di genitori costretta a lasciare la Sicilia in cerca di occupazione all’estero e di come, a causa di questo problema che accumunava gli abitanti del paese dove ambientato, quel luogo si stesse svuotando. Stavolta parlo invece della contro-emigrazione, di coloro che ritornano nella terra d’origine. Tema, peraltro, assai attuale in un momento surreale che ci ha fatto rendere conto di quanto siano importanti i piccoli centri urbani. Invertendo la rotta, proviamo a ripopolare i piccoli centri e sono certa che anche l’economia ne beneficerà, anche grazie alle nuove forme occupazionali che si potrebbero in prospettiva sviluppare spaziando dal turismo all’artigianato”.
E Rosa, rientrando da Milano nella sua terra d’origine, scopre come si sia evoluta…
“Rosa da Milano ritorna a Monte Pepe, sua terra d’origine, perché, dopo essere rimasta vedova e con due figli grandi che vivono lontano, vuol capire cosa desidera fare della sua vita. Così si trasferisce nel suo paesino a casa dei genitori. Dopo aver trascorso le prime settimane a ripristinare l’abitazione, conosce quattro signore con cui fa amicizia, tra loro tutte caratterialmente diverse: Giuseppa, anch’essa senza il marito e con i figli lontani; Nunziatina e Maria due sorelle gemelle, una sarta e l’altra insegnante; e poi c’è Sarina, una bellissima trentacinquenne dai capelli lunghi e ricci, ma che però soffre per via del marito che è stata costretta a lasciare poiché tradita ripetutamente. Questa diversità di età e dello stato sociale delle protagoniste mi ha permesso di creare uno spaccato con diversi profili femminili. Nunziatina è coltissima e ama tanto la poesia, Maria sempre solitaria e silenziosa a differenza della sorella Nunziatina che invece ha avuto anche molte relazioni; Giuseppa che comunque ha avuto una sua vita molto difficile; e poi c’è Sarina, donna bella e di belle speranze, che sogna il lavoro elegante… e durante la lettura scoprirete cosa si intende per lavoro elegante”.
Le protagoniste portano nomi tipici siciliani, ormai quasi in disuso…
“Nomi che ritengo costituiscano un patrimonio proprio perché ormai rari. Io li trovo cosi belli e romantici, legati a una tradizione importante, perciò ho voluto valorizzarli e non a caso nei miei libri li mantengo vivi. Tengo a sottolineare che il nome Rosa l’ho scelto quale omaggio a Rosa Balistreri, la mia cantante preferita, tant’è che anche nel film Picciridda ho chiesto di inserire un suo brano quale segno portafortuna”.
Il filo diretto tra Milano e la Sicilia?
“Il legame tra Milano e la Sicilia è fortissimo, non a caso ho scelto Milano quale città simbolo degli emigranti che dal Sud Italia si sono via via trasferiti nella capitale meneghina in cerca di lavoro. Milano è una città che nel tempo ha permesso a molte persone di acquisire la dignità del lavoro e questo senso di gratitudine non dobbiamo dimenticarlo. Io ho trascorso a Milano un periodo assai intenso della mia vita. Mi ci sono trasferita dopo la difficile fase vissuta a seguito della morte di mio padre, nel 1991, e ci ho vissuto per sei anni. A Milano ho iniziato a lavorare con mio fratello Rosario, sono poi andata a vivere da sola… e in quella città ho imparato tante cose, perciò mi è molto cara. Oggi vivo a Roma, bellezza superlativa ma è una città troppo grande e quindi non riesce a farmi sentire a casa, ma anche in Salento, mia terra d’adozione. Tuttavia, così come il primo amore è stato Milano, l’amore perenne rimane la Sicilia”.
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